Chelanti EDTA bronzi dorati plitura

I complessanti nella pulitura dei beni culturali

I COMPLESSANTI

EDTA BISODICO e TETRASODICO – SODIO ESAMETAFOSFATO

SALE DI ROCHELLE – B.D.G. 86 – BENZOTRIAZZOLO

ACIDO CITRICO – AMMONIO CITRATO

Relazione Tecnica redatta dal Resp. Tecnico Scientifico Dott. Leonardo Borgioli della CTS Conservation

Nelle operazioni di pulitura di alcuni manufatti può essere necessario rimuovere i sali metallici presenti. Generalmente questo accade nella pulitura di oggetti metallici, dove i sali rappresentano il prodotto della corrosione; l’intervento viene inoltre complicato dalla contemporanea presenza del materiale da rimuovere e della patina da mantenere (spesso costituita anch’essa da un sale metallico).

Il problema coinvolge però anche altri beni di interesse storico-artistico: dai lapidei agli affreschi, dai tessuti alla carta, ogni volta che questi siano stati contaminati da metalli presenti.

Un sale metallico, per quanto riguarda il nostro caso, è il prodotto del degrado di un metallo, solitamente dovuto all’azione combinata di acqua e aria, a volte complicata dalla presenza di inquinanti atmosferici come gli ossidi di zolfo o di azoto.

Un esempio banale è la ruggine, il risultato dell’attacco combinato di acqua ed ossigeno sul ferro metallico. La reazione chimica è semplice: 2Fe + 3/2 O2 + H2O Fe2O3(H2O).

La ruggine è solubile in acqua e tende a diffondere all’interno delle strutture porose (come la pietra naturale), rendendo poi problematica la sua rimozione.

Lo stesso succede con altri sali solubili, come quelli del rame (il cosiddetto verderame), che spesso ritroviamo sui basamenti delle statue in bronzo (lega contenente rame).

I prodotti di corrosione del bronzo sono molti: dalla cuprite rossa (Cu2O), ai verdi atacamite e paratacamite [ossicloruri Cu2(OH)3Cl], ai carbonati basici malachite (verde), azzurrite (azzurra) e molti altri. Tra questi prodotti di corrosione si desidera solitamente mantenere solo la cuprite ed eventualmente la malachite.

A volte, inoltre, si presenta il problema di incauti lavaggi di oggetti in rame, come le grondaie, con Ammoniaca o Ammonio Carbonato; questo porta alla formazione del complesso ammino-rameoso, che provoca scolature di colore azzurro e si ossida poi all’aria assumendo un colore verde.

Per la rimozione di questi sali metallici possiamo sfruttare le capacità “sequestranti” di alcune sostanze definite complessanti.

Alcune molecole (dette leganti) contengono un atomo elettronegativo (donatore), caratterizzato da una coppia elettronica. Tale coppia, in presenza di un atomo elettropositivo (ad esempio un metallo o un catione metallico), viene “donata” per formare un legame detto legame di coordinazione.

I composti che si vengono a formare sono detti più propriamente composti di coordinazione, ma data la loro complessità furono inizialmente chiamati composti complessi, ed è rimasto nell’uso comune il termine complessanti per indicare queste molecole leganti.

Un esempio di composto di coordinazione è il ferrocianuro ferrico, meglio noto come Blu di Prussia, ovvero un complesso dove due atomi di ferro sono coordinati da sei ioni cianuro (che in questo caso è il complessante).

Molte molecole possono agire da complessanti (leganti): dall’Ammoniaca all’acqua, dalla Piridina al Monossido di Carbonio. Tutte contengono un atomo elettronegativo capace di donare una coppia elettronica.

Quando in una molecola sono presenti due o più atomi donatori, questi agiscono sul metallo come una chela di un granchio, ed il legame che ne risulta è più stabile; questi complessanti sono detti chelanti. Operativamente i chelanti vengono sciolti in soluzione acquosa ed applicati sui manufatti con impacchi estrattivi (con l’ausilio di Polpa di Carta Arbocel, Sepiolite o Nevek), oppure immergendo l’oggetto nella soluzione stessa. Una volta rimosso l’impacco, o estratto l’oggetto dalla soluzione, si dovrà procedere ad un lavaggio per l’eliminazione del reagente in eccesso.

Si ricorda che l’acqua di rete contiene, in misura più o meno marcata, cationi Ca2+ e Mg2+ che vanno a legarsi con i complessanti, riducendone l’azione; nella preparazione di soluzioni di complessanti deve quindi essere utilizzata solo Acqua Demineralizzata.

Infine si tenga sempre presente che tutti i complessanti si legano, più o meno energicamente, con i cationi metallici. Molti pigmenti possono essere aggrediti da questi reagenti, che devono quindi essere utilizzati con estrema cautela in caso di policromie.

C.T.S. S.r.l. commercializza alcuni complessanti che possono essere utilizzati per risolvere il problema della rimozione chimica dei sali:

■EDTA Bisodico o Tetrasodico

■Sodio Esametafosfato

■Sale di Rochelle (o di Seignette)

■B.D.G. 86

■Benzotriazzolo (utilizzato come inibitore al termine della pulitura di metalli)

■Acido Citrico – Ammonio Citrato Tribasico

 

EDTA

Il sale bisodico dell’acido etilendiamminotetracetico (EDTA bisodico) è il complessante più noto ed utilizzato, ed anche il più efficiente. E’ uno dei componenti del formulato AB 57 messo a punto dall’I.C.R. di Roma per la rimozione delle croste nere.

Meno utilizzato è il sale tetrasodico (EDTA tetrasodico), meno solubile in acqua; il meccanismo di complessazione è comunque il solito, con la differenza che ogni molecola di EDTA tetrasodico si lega a due cationi metallici.

La nocività del tetrasodico è inoltre leggermente superiore a quella del bisodico. Nel loro utilizzo si devono tener presenti alcuni punti molto importanti:

1) L’EDTA si lega benissimo con il ferro ed il rame, ma presenta anche una notevole azione sul calcio. Quindi, una volta “sequestrati” i cationi Fe3+/Fe2+ e Cu2+ presenti, inizia ad aggredire il calcio che costituisce il legante dell’elemento lapideo o dell’affresco su cui stiamo operando. Inizia così una corrosione analoga ad un attacco acido. Questo costringe ad operare con grande attenzione valutando i tempi di contatto.

2) Per quanto detto sopra l’EDTA trova largo impiego nella rimozione di incrostazioni e patine contenenti lo ione calcio, siano scialbature (quindi CaCO3, Calcio Carbonato), patine di gesso o solfatazioni (Solfato di Calcio), ossalati, Caseinato di Calcio.

3) L’EDTA bisodico ha un pH 4.5, mentre il tetrasodico ha un pH 11.3. Questi valori devono essere sempre valutati in relazione al supporto su cui si va ad operare. Ad un pH 4.5 si ha anche un’azione di attacco sul carbonato, quindi l’EDTA bisodico è estremamente aggressivo. Poiché il pH ottimale di complessazione del calcio è 10, anche l’EDTA tetrasodico può attaccare il carbonato di calcio. Nel caso della rimozione di ossalati è preferibile l’EDTA tetrasodico.

4) Il problema dell’attacco sul manufatto originale non si presenta nel caso dei bronzi; una soluzione di EDTA non attacca sensibilmente la superficie, sia dopo alcune ore di immersione sia ad elevate concentrazioni. Invece, tutti i diversi prodotti di corrosione del bronzo sono rimossi efficacemente, dal carbonato basico verde o azzurro (malachite o azzurrite), ai cloruri basici bianchi o verdi che si trovano in prossimità del mare (nantokite, atacamite o paratacamite). Fa eccezione il raro solfuro di rame nero.

5) Le concentrazioni di utilizzo possono variare sensibilmente, dal 2-3% fino al 15% nel caso di rimozione di croste particolarmente spesse e resistenti, tenendo sempre presente di quanto detto al punto 1).

 

SODIO ESAMETAFOSFATO

Il Sodio Esametafosfato (NaPO3)6 è un complessante più debole dell’EDTA, caratteristica che lo fa preferire nel caso di applicazioni su marmi solfatati. Infatti, in questo caso, la struttura del Calcio Carbonato del marmo è attaccata dal Sodio Esametafosfato con estrema lentezza.
Il pH è 6.7, quindi neutro, altro motivo per preferirlo in presenza di marmi o calciti.
Le concentrazioni d’uso variano dal 5 al 15%.

 

SALE DI ROCHELLE

Il Sale di Rochelle, detto anche sale di Seignette, (tartrato doppio di sodio e potassio) è un complessante noto fin dal medioevo, ed in alcuni testi antichi lo si chiamava “cremor di tartaro” (si accumulava sulle pareti delle botti, precipitando dal mosto). Più debole dell’EDTA, permette un maggior controllo nelle puliture dei bronzi, dato che complessa carbonati e cloruri, ma ha un’azione debolissima sulla rossa cuprite, che viene così conservata.

Proprio per la sua blanda azione è necessario preparare una soluzione acquosa al 35%, quindi effettuare impacchi per tempi variabili tra 15 minuti fino a molte ore, a seconda dello spessore delle incrostazioni da rimuovere e dell’effetto che si vuol ottenere.

L’azione del Sale di Rochelle può essere potenziata non incrementando la concentrazione, ma innalzando il pH, con l’aggiunta di Idrossido di Sodio (soluzioni dal 15-35% di Sale di Rochelle e dal 5- 10% di Idrossido di Sodio in Acqua Demineralizzata).

E’ possibile l’utilizzo anche per immersione degli oggetti.

 

B.D.G. 86

Il B.D.G. 86, reagente neutro acquoso a base di idrossilammonio cloruro e idrazina idrossido, è altamente selettivo nei confronti dei sali di manganese. Nel caso di presenza di altri tipi di sali (a volte il manganese è associato al ferro), è necessario far seguire al trattamento con B.D.G. 86 l’azione di un altro complessante, come l’EDTA.

L’uso è sostanzialmente limitato al settore archeologico, dato che le macchie nere di manganese si formano in seguito a lunghi periodi di interramento dei manufatti.

B.D.G. 86 è formulato in quattro diverse concentrazioni e pH, per impieghi su ceramica, vetro, ossa e lapidei. Si applica a pennello, per impacco o per immersione per tempi compresi tra i 15 e i 45 minuti; al termine dell’applicazione si deve sciacquare con Acqua Demineralizzata per rimuovere i residui.

 

BENZOTRIAZZOLO

Il Benzotriazzolo, più che un complessante per la pulitura, ha funzione di inibitore della corrosione del rame e delle sue leghe, una volta che sia stato portato a termine il restauro.

In particolare può risultare utile per bloccare la “corrosione ciclica” del rame, ossia quel processo imperniato sulla presenza di cloruro rameoso (Cu2Cl2), e che prosegue fino alla completa trasformazione del rame in cloruro e idrossicloruro. Il Benzotriazolo, legandosi con il catione Cu+ del cloruro, lo sottrae alla reazione ciclica bloccandola.

Si presenta come una polvere giallastra che fonde a 93°C, che ha tendenza a sublimare: per questo lo si ricopre con un sottile strato di acrilico (si veda anche il prodotto Incral 44, miscela di Paraloid B44 e di Benzotriazzolo in solventi organici).

Essendo poco solubile in acqua a freddo (1,5%), si preferisce applicarlo con soluzioni di solvente (alcool etilico, acetone, acetati,…) solitamente in misura del 3%.

Il suo pH è leggermente acido (5.5 in una soluzione all’1%).

 

ACIDO CITRICO – AMMONIO CITRATO TRIBASICO

L’Acido Citrico è un acido tricarbossilico, che sciolto in acqua ha un pH 2.5. E’ contenuto nel succo di limone nell’ordine del 6%. E’ solubile anche in alcoli e Acetato di Etile. Da solo l’Acido Citrico non ha un elevato potere complessante, ma con l’aggiunta di basi si ottengono i relativi sali (citrati), che vengono utilizzati per la loro migliore efficacia. Proprio per la rimozione dei sali di ferro da pietre carbonatiche si utilizza una soluzione acquosa del suo sale Ammonio Citrato Tribasico, che ha un pH leggermente alcalino, tra 7 e 8.

Assieme al Citrato di Sodio l’Ammonio Citrato è contenuto nella Saliva Sintetica CTS.

L’Acido Citrico e l’Ammonio Citrato vengono utilizzati per la pulitura di opere policrome, in particolare per la rimozione di ridipinture o di materiale proteico. In queste applicazioni si affianca talvolta l’azione del chelante con quella di un tensioattivo a pH neutro come il Tween 20. Queste miscele possono essere addensate con Klucel G o Carbopol, oppure aggiunte al gel Nevek.

Leave a Reply

Your email address will not be published.