La doratura
Le difficoltà dell’operazione consistono nell’abilità dell’artigiano, nel rispetto dei tempi di esecuzione e nelle condizioni ambientali in cui si lavora: l’ambiente non deve essere polveroso e non si devono aver fatto recentemente lavori che abbiano causato la sospensione di polvere nell’area. Di fondamentale importanza, come vedremo subito, è che la superficie da dorare sia perfettamente pulita e sgrassata.
Le fasi della doratura possono essere divise in:
Preparazione del Fondo
La preparazione del fondo che serve ad accogliere l’oro deve essere accurata: da questa dipenderà la buona riuscita di tutto il lavoro.
Si mette innanzitutto la colla lapin nella pentolina del bagnomaria (basta un bicchiere pieno) e si copre con acqua lasciando riposare per circa 12 ore, affinché la colla assorba l’acqua. Poi si scalda a bagnomaria e si passa sul legno che deve essere pulito, asciutto e privo di polvere.
Questa prima mano si chiama “imprimitura”. Dopo 2 ore alla colla lapin si aggiunge il gesso di Bologna (circa un cucchiaio) e si passa la seconda mano di colla.
Tale procedimento sarà ripetuto per le varie mani che verranno successivamente date e che dovranno essere sempre calde. Si aggiunge via via gesso finché il composto non avrà una consistenza simile alla besciamella (scusate il termine, ma è difficilissimo mettere in parole scritte nozioni pratiche apprese da vecchi artigiani e che andrebbero provate dal vivo).
Dopo che ogni mano ( ne occorrono 5 o 6) si sarà asciugata, va passata la carta vetrata con grana più grossa (120) per rimuovere eventuali imperfezioni. Infine, una volta preparata la base di gesso sufficiente la superficie va levigata il più possibile usando via via la carta vetrata più fine (180 e 240) poi e spolverata con cura. Lo scopo di questa operazione di preparazione del fondo (detta anche apprettatura), è quella di isolare il legno dalla foglia d’oro preparando un fondo liscio ed omogeneo, adatto a riceverla. Durante questa fase si si possono stuccare anche eventuali fori di tarli e piccole screpolature.
A questo punto si passa alla applicazione del Bolo
Applicazione del Bolo
Il bolo va allungato con la colla di coniglio fino a che non prende una consistenza leggera, tipo latte, ma senza esagerare. Va passato caldo sulla superficie del gesso con una pennellata decisa e leggera, senza lasciare striature. Si consiglia di utilizzare un pennellino di martora. Se il bolo e’ diluito nella giusta proporzione basta anche una sola passata (non si deve vedere il fondo bianco del gesso), altrimenti dopo circa 4 ore si può passare una seconda mano, cercando di non aumentare di troppo lo spessore dello strato che porterebbe ad un’inevitabile distacco dell’oro e del bolo in fase di brunitura. (Si faccia in proposito molta attenzione agli accumuli di bolo nelle cavità degli intagli o negli angoli delle cornici da dorare).
Il modo migliore di vedere se il bolo e’ sufficientemente asciutto, consiste nel passare leggermente , con la parte superiore dell’unghia, per vedere se si lucida in un angolo nascosto. Solitamente la completa asciugatura avviene in poche ore, dipende comunque dall’ umidità dell’ambiente e dalla stagione dell’anno in cui si lavora.
Una volta constatato il grado di asciugatura del bolo si inizia la penultima fase, la più emozionante, la posa in opera dell’oro in foglie.
Applicazione della foglia d’oro
Cominciamo con l’aprire delicatamente il libretto: si effettua una leggera pressione con il coltello su un angolo del libretto che in questo modo si alzi e si solleva foglio per foglio dallo spigolo. La foglia d’oro va presa sempre il coltello passandolo sotto e adagiata molto delicatamente sul cuscinetto.
A questo punto si può tagliare in pezzi più piccoli sia per agevolarne la presa, sia per seguire al meglio le parti da dorare.
Intanto si prepara la colla di pesce che va messa a bagno e poi scaldata a bagnomaria nella proporzione di un foglio di colla in un bicchiere d’acqua. La colla va passata delicatamente sul bolo con una sola passata altrimenti il bolo può rinvenire e sciogliersi.
Prima che la colla venga assorbita si prende la foglia d’oro necessaria con il pennello da doratore e si accosta al pezzo in lavorazione. E’ bellissimo vedere come la colla attiri la foglia a sé, per effetto elettrostatico. Si procede in questo modo fino alla completa applicazione dell’oro.
Qualche consiglio per l’applicazione :
” tenete con la mano sinistra la colla e nella destra il pennello con l’oro;
” procedere con metodo facendo pezzi uguali a misura per una stessa curva della superficie;
” non bagnare troppo il bolo con la colla;
” evitare qualsiasi spiffero d’aria;
” se il pennello da doratore non attira a se la foglia, passatelo di tanto in tanto sul viso o sui capelli (il viso ha sempre un leggero velo di grasso sufficiente mentre un batuffolo imbevuto di olio sarebbe troppo unto per questo scopo);
” dimenticare il tempo (mai lavorare in fretta );
” le foglie vanno sovrapposte x circa 2 mm;
attenzione sugli angoli dell’intaglio ( va prima dorata una parte poi l’altra per non creare un ponte con la foglia che altrimenti si strapperebbe nello spigolo);
” non toccare mai l’oro con le dita anche dopo l’applicazione finche non sia perfettamente asciutta la base;
” eventuali ritocchi o parti mancanti vanno reintegrate dopo l’essiccazione facendo attenzione a non trasbordare di molto con la colla (perché, sull’oro preesistente, una volta asciutta lascerebbe una strisciata bianca ).
” si lascia riposare il lavoro per una nottata.
” un consiglio vedere se il bolo e’ asciutto nuovamente e’ quello di alitare sulla superficie dorata. L’alone se la base e’ ancora fresca rimarrà a lungo mentre invece dovrebbe esitare un paio di secondi per poi scomparire.
Brunitura
Ed eccoci all’ultima (ma pur sempre affascinante) fase della doratura: la brunitura con pietra d’agata.
Rende lucido e perfettamente liscio l’oro che finora non brillava. Ha anche la funzione di accorpare l’oro con forza alla base sottostante. Si lucida perché con la pressione le particelle di colla contenute nel gesso e nel bolo vengono spianate meccanicamente.
Il brunitoio va passato sulle parti in aggetto con una pressione costante, in diverse direzioni e, a lavoro ultimato, non si devono vedere i vari movimenti.
Prima di passarlo va “scaldato” in una pezza di lana strofinandolo velocemente. L’ideale sarebbe possedere un brunitoio opportunamente sagomato per ogni tipo di curva che la doratura effettua, ma non sempre ciò e’ possibile.
A questo punto si può ammirare il lavoro ultimato. Alcuni doratori passano una leggera gommalacca decerata per proteggere la superficie dalla corrosione. Personalmente preferisco lasciare l’oro in evidenza così com’e’ anche perché il bello della doratura e’ proprio il riaffiorare del bolo in trasparenza, dovuto allo spolveramento della superficie nel tempo.
Schegge storiche
L’oro è sempre stato simbolo di sfarzo e di prestigio sociale e , per questo, anche nei periodi economicamente più disagiati, rimane presente per distinguere il potere e la ricchezza di pochi.
La consuetudine di dorare arredi e suppellettili vigeva fin dai tempi più remoti, nelle civiltà mediterranee ed in particolare in Egitto.
Ai tempi dell’antica Roma documenti di Virtuvio e Plinio riportano la consuetudine di ricoprire l’oggetto con lamine d’oro abbastanza spesse, applicate mediante percussione.
Nel Medioevo, la produzione di oggetti dorati è solo appannaggio delle poche classi aristocratiche.
Durante la ripresa economica e culturale del Rinascimento anche la ricca borghesia può permettersi di commissionare oggetti dorati. Si va a costituire così una classe di artigiani che si dedicano esclusivamente alla doratura.
Documenti risalenti al 1550 riportano una testimonianza sulla realizzazione della foglia d’oro ad opera dei ‘battilori’:
“…. fu bellissimo segreto ed investigazione sofistica il trovar modo che l’oro si battesse in fogli sì sottilmente, che per ogni migliaio di pezzi battuti, grandi un ottavo di braccio per ogni verso, bastasse, fra l’artificio e l’oro il valore di solo sei scudi….”.
Dallo stesso documento si verrà a sapere che anticamente le foglie per la doratura erano ricavate da monete d’oro, fornite dal committente, battute dagli artigiani “battilori”, i quali riuscivano a ottenere dai 6 agli 8 metri quadri di superficie di foglia da ogni moneta. E’ chiaro dunque che la ricchezza del committente incideva direttamente sul valore e la qualità del lavoro.
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